Donne nei Cda: Verso smart Boards
La diversità e l’inclusione di genere aggiungono valore alle aziende.
Lo confermano due studi inediti realizzati dall’Osservatorio AUB sulle imprese familiari e dal Politecnico di Milano per Valore D – l’associazione di imprese che promuove la diversità, il talento e la leadership femminile nelle società. Secondo i dati contenuti in questi studi, le performance aziendali e la gestione dei rischi sono migliori nelle aziende dove c’è almeno una donna nel Consiglio di amministrazione: in quelle con fatturato compreso tra 20 e 50 milioni di euro, la presenza si traduce in un margine di profittabilità (in termini di EBITDA margin) maggiore di circa mezzo punto rispetto a quelle dove il CdA è composto unicamente da uomini (8,1% versus 7,6%). L’impatto è ancora più elevato (8,7% versus 7,5%) nelle aziende più grandi in termini di fatturato (50 milioni di euro).
La presenza delle donne nei boards è salita dal 7 al 30%.
L’altra buona notizia è che a distanza di 5 anni dalla legge Golfo-Mosca, quella che ha introdotto le quote di genere nella composizione dei consigli di amministrazione delle società quotate e partecipate pubbliche, la presenza delle donne nei boards è salita dal 7 al 30%. Si tratta di un grande passo avanti, anche se a ben vedere resta tanto da fare. Il divario più evidente riguarda la remunerazione: le donne nei ruoli esecutivi nei CdA guadagnano meno della metà dei colleghi uomini con stesso incarico (in media 500 mila euro, contro 1,3 milioni), nonostante posseggano titoli di studio e un’esperienza in linea con quella dei colleghi. Anche il tipo di incarico è sbilanciato: l’analisi rivela che l’aumento della presenza femminile all’interno dei CdA si concentra soprattutto nelle posizioni di indipendenti, molto inferiore è invece la presenza fra gli executive. Sale quindi la quota di partecipazione femminile, ma la strada verso una reale parità è ancora molto lenta.