GUARDANDO AVANTI: Donne e Tecnologia. Quanti miti da sfatare?

 In Digital

Per motivi storici e sociali, le donne non sono quasi mai state protagoniste del settore scientifico, e questo si è riflesso, fino ai decenni più recenti, anche sul settore informatico e tecnologico.

Oggi finalmente le donne gremiscono le facoltà universitarie scientifiche, specie nel campo di biologia, medicina e scienze della vita.

Diverso, invece, è il destino degli atenei di informatica e ingegneria: all’Università di Torino, ad esempio, le studentesse sono meno del 10%. Si tratta di un problema diffuso anche oltre i nostri confini: secondo l’ultimo resoconto Eurostat, infatti, degli oltre 1,4 milioni di europei che studiano discipline ICT solo il 17,2% è di sesso femminile. In Italia, purtroppo, questo dato scende al 14,1%. A livello occupazionale, solo il 30% della forza lavoro del settore è formato da donne; questa percentuale – a livello globale – scende, secondo l’Ocse, al 20%.

Pochi sanno che il primo calcolatore elettronico fu costruito nell’Ottocento proprio da una donna, per l’esattezza Ada Lovelace, figlia di Lord Byron.

Ciononostante, i contributi – passati e presenti – alla tecnologia recano solo firme maschili, e gli organici delle società del settore lo confermano. Secondo una ricerca condotta lo scorso anno da NetConsulting Cube, meno del 25% dei ruoli tecnico-scientifici sono ricoperti, in Italia, da donne. Questo è dovuto a tre cause: resistenze culturali all’interno delle aziende, mancanza di laureate in ambiti così specifici, ma anche poco interesse da parte delle donne verso le professioni legate all’IT. La causa di questo disinteresse è legata anche a un preconcetto sociale, dato che alle donne non viene riconosciuta la stessa capacità “tecnologica” degli uomini. Proprio questo, invece, è un mito da sfatare. Secondo la ricerca, infatti, le donne – rispetto ai colleghi maschi – sono più inclini al problem solving, al multitasking, alla gestione dei rapporti interpersonali e al lavoro in team. Inoltre, sono più interessate a cambiamenti e innovazione. Di conseguenza, sono fortemente portate per professioni che fanno di rapidità e interattività il fulcro dell’operatività. Ci sono aziende che hanno già compreso questo valore aggiunto, e non solo nell’ambito della ricerca scientifica, dove sempre più donne primeggiano. Ora la palla passa, come sempre, alle nuove generazioni, sia in termini di progressi sociali che accademici, così che il comparto tecnologico confermi ulteriormente quanto già provato da quello medico: il valore del lavoro femminile.

Stefania Truzzoli
Mi sono laureata con lode nel 1993 in Ingegneria Elettronica presso l’Università degli Studi di Padova, successivamente ho conseguito il Master in Telecomunicazioni presso la Scuola Superiore G. Reiss Romoli de L’Aquila. Nel mio percorso professionale ho affiancato alla formazione e alle competenze specialistiche spiccate capacità manageriali, maturando una solida esperienza in ruoli apicali operativi e commerciali in primarie società nazionali e multinazionali, in mercati regolamentati, quotate alla borsa di Milano e Londra.
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